Una scrittura, due intelligenze

I.I.S. A. Volta

cervello

di Alessandro Di Nucci

Una giusta obiezione a questo lavoro sarà quella per cui la proposta didattica -un tentativo di mettere in comunione scrittura creativa e intelligente artificiale- in questa sede, è carente di una qualsivoglia parte teorica.

Per un po’ io stesso mi sono crucciato di questa mancanza: non spendere quella sana manciata di ore di lezione a introdurre ragioni e scopi di un’attività didattica pare essere un elemento di forte demerito.

Oggi, invece, scrivendo di quanto fatto, ne sono contento.
Molto contento.

Ho programmato tutta l’attività del BRAIN come una mansione di pratica pensante e di attività immediato, cruda, sul campo: immaginate di scrivere un messaggio con il vostro smartphone e di lasciarvi condurre nella scrittura dai suggerimenti del vostro telefono.

L’intelligenza artificiale del vostro amatissimo telefono intelligente negli anni ha accumulato esperienza significativa della vostra pratica di scrittura, immagazzinando il vostro  vocabolario, digerendo le vostre strutture più usuali della vostra lingua, risputandovi, infine, parole e nessi linguistici per completare la comunicazione in corso che sono davvero le
vostre.

Ho pensato allora, di proporre alla classe una sfida: se i suggerimenti automatici delle vostre tastiere di telefono sono in grado di completare un breve messaggio di testo, potranno mai scrivere un intero racconto? Ho offerto allora un ventaglio ampio di incipit di
racconto (variando lo stile e il genere letterario dello stesso) e invitando la classe, divisa in gruppi a continuare, con l’aiuto del loro telefono il racconto scelto.

 Ma a una condizione: i suggerimenti di parola dei loro device dovevano obbligatoriamente essere l’anello per continuare la narrazione. L’intelligenza artificiale, dunque, unita con la fantasia del narratore di turno, ha dato vita a una serie di racconti del non sense, del non sequitur, del dadaismo, puro, insomma.

Un tripudio del nulla narrato che ha divertito sia chi lo ha scritto, sia chi ascoltava, con occhi spalancati, quel lievissimo filo logico che collegava situazioni e personaggi strampalati.

Io ho ascoltato divertito e ho amato ogni racconto partorito da tante menti umane e altrettanti chip pensanti, compiacendomi di questo esercizio di scrittura creativa (e che creatività) che avevo appena dato.

Tornando, insomma, alla mancanza di parte teorica di cui si ragionava sopra, ho appena accennato a come dar vita a una storia raccontata con l’uso di un A.I. che ci accompagna tutti i giorni nella vita, buttando lì qualche breve istruzione pratica; ho invitato, infine, i ragazzi a impossessarsi della tecnica e a farne l’uso che a loro pareva a piaceva.

E il trucco ha funzionato: i ragazzi si divertivano a creare storie strampalate dettate, per la maggior parte, dai loto aggeggi tecnologici; ci tenevano a leggere alla classe i loro testi e soprattutto, si dimenticavano almeno per poco che scrivere è spesso difficile e, talvolta, noioso.

L’esperienza del BRAIN, per me e per la classe, è stato, dunque, un modo per far dialogare azione di scrittura, pensiero creativo e intelligenza artificiale.

Il prodotto un modello di pratica pensante in cui si è, forse (lo spero vivamente) riscoperta la voglia di scrittura.

Ma non solo creatività o scrittura creativa, per meglio dire.

Abbiamo sperimentato anche una scrittura pensata, sapiente e, a suo modo, scientifica.

Finito l’esperimento, di cui sopra si è discettato, i ragazzi sono stati impegnati in una ricerca filologica dei saperi fondanti della materia della Storia. Sfogliando il libro e con l’aiuto del docente, abbiamo, in poche parole, selezionato i concetti minimi ed essenziali, quelle pietre angolari della conoscenza della Storia moderna, che sono poi irrinunciabili nel percorso del quarto anno di una scuola superiore (il concetto di Repubblica, Rivoluzione, Indipendenza,
Costituzione, per fare esempi pratici e non speculativi).

Una volta selezionati, il loro compito è stato quello di tradurli nella lingua del linguaggio artificiale: pillole di sapere che, ben scritti e preparati prima, sarebbero, poi, andati nella macchina informatica e restituiti come audio di pochi minuti che spiegassero il concetto a un pubblico che brama conoscere, ma non ancora padroneggia le competenze necessarie: come ad esempio può essere una classe del biennio. Il vero obiettivo dei ragazzi, poco celato, era quello di mettersi alla prova, dando vita a un sapere non appiattito ma pieno e che aiuta a scoprire.

Il frutto di questo lavoro è stata una raccolta di file audio interattivi che sintetizzassero le conoscenze basilari della storia moderna, offerti (i concetti, si intende) come una  metaforica portata di pietanze del sapere a studenti, oggi più giovani, che forse un giorno potranno costruire il loro sapere anche partendo da questi. E’ stato importante selezionare le parole, il modo di esposizione e la voce che recita il testo; è importante, per chi li ascolta, cercare di capire cosa si sta ascoltando.

E se il nostro sforzo tornerà utile a qualcuno, ne saremo felici.